• Periodico di
      Informazione turistica
      Aut. Trib. NA n.3104 del 15.04.1982

      Editrice Surrentum
      Viale Montariello, 8 - Sorrento

      Direttore Responsabile:
      Antonino Siniscalchi

      Redazione:
      Luisa Fiorentino
      Mariano Russo

      'Surrentum' viene stampato in 13.000 copie da 'Tip. La Sorrentina' Sorrento
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La Pastiera nei Conventi

Non esiste Pasqua nelle famiglie se nella tavola non si porta la pastiera, e riguardo alla sua origine si Suorelegge che le sacerdotesse di Cerere, per festeggiare il ritorno della primavera, recavano in processione l’uovo, simbolo di vita nascente. Secondo un’altra ipotesi la pastiera deriverebbe dalle focacce rituali che si diffusero all’epoca di Costantino il Grande, ricavate dall’offerta di latte e miele che i catecumeni ricevevano nella notte di Pasqua al termine della cerimonia battesimale Una leggenda vuole che la sirena Partenope fosse l’inconsapevole autrice della pastiera in quanto mescolò i sette doni portati dalle sette più belle fanciulle dei villaggi, a testimonianza della gratitudine del popolo per il suo canto melodioso: “la farina, forza e ricchezza della campagna, la ricotta, omaggio di pastori e pecorelle, le uova, simbolo della vita, il grano tenero, bollito nel latte a prova dei due regni della natura, l’acqua di fiori d’arancio, perché anche i profumi della terra volevano rendere omaggio, le spezie, in rappresentanza dei popoli più lontani del mondo ed infine lo zucchero, per esprimere la dolcezza profusa dal canto della sirena”. Fra le varie supposizioni sarebbe più logico pensare che questa ” magica composizione culinaria” fosse nata dalle mani e dall’esperienza di una massaia o di un cuoco, invece molte fonti riportano che una suora, in un monastero napoletano e probabile anche della penisola sorrentina, volle dare visualità alla Resurrezione di Cristo con una pietanza dolce, e i servì dei fiori di arancio colti dal giardino conventuale, dell’acqua odorosa di mille fiori, del cedro e delle aromatiche spezie venute dall’Oriente, del grano conservato in un sacco di ruvida tela nella dispensa, grano che seminato e ” sepolto” nei campi sboccia e cresce splendente come il sole, delle uova fresche del pollaio che certamente la riportarono alla nascita del pulcino e quindi simbolo di vita Nel culto dei pagani le due metà dello stesso uovo erano il cielo e la terra, i Greci, i Cinesi ed i Persiani si scambiavano le uova come dono per le feste Primaverili. I filosofi egiziani vedevano nell’uovo il fulcro dei quattro elementi dell’universo.Gli Israeliti avevano la consuetudine di portare le uova in dono agli amici o di regalarle a chi festeggiava il compleanno. Gli antichi Romani usavano dire: “Omne vivum ex ovo” (Qualunque essere vivente deriva dall’uovo).L’’avvento del Cristianesimo fece dell’uovo simbolo della resurrezione del Cristo, della rinascita dell’uomo stesso: come un pulcino esce dell’uovo, oggetto a prima vista inerte, Cristo uscì vivo dalla sua tomba., segno di nuova vita. Ricordiamo che Luciano Mastrogiacomo nel suo saggio “Le relazioni commerciali fra l’Egitto e le Repubbliche Marinare di Genova, Pisa e Venezia dal 110 al 1150” afferma che la via del mare è stata un importante ponte di scambio fra l’Occidente e l’Oriente e ha avvicinato la cultura araba a quella europea, con la naturale conoscenza delle spezie e di cibi particolari che poi sono entrati nella nostra gastronomia, per il passaggio avvenuto anche attraverso Istituti religiosi. Sorrento, terra di chiese e di conventi, ha portato sulla tavola pietanze dal sapore orientale, grazie a suore e a monaci appassionati di cucina. Tradizionale un tempo per le festività pasquali, la pastiera è oggi una bandiera della tavola sorrentina e napoletana, è anche il souvenir gastronomico per molti turisti alla ricerca di specialità gastronomiche. E’ un dolce mediterraneo in ogni sua minima parte che richiede la freschezza degli ingredienti in quanto in ogni famiglia, secondo la buona tradizione, anche se preparato per le solenni feste di Pasqua deve essere presente in tavola per almeno una settimana. Tutte le pasticcerie della penisola sorrentina la producono, e per personalizzarla ogni pasticciere ha portato delle piccole, direi sottili variazioni, di cui serba gelosamente il segreto. Su questo dolce vi sono degli aneddoti simpatici come quello riguardante la regina di Napoli, Maria Teresa D’Austria , soprannominata dai soldati “la Regina che non sorride mai”,che nell’assaggiare un pezzetto di pastiera dietro le insistenze del re Ferdinando II° di Borbone, compiaciuta, non poté far a meno di sorridere. Allora il sovrano esclamò “Per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo”.Suore Pasticciere Un altro aneddoto risale alle suore che ne confezionavano un gran numero per le dimore patrizie e della ricca borghesia; quando i servitori andavano a ritirarle dalla porta del convento, aperta da una monaca odorosa di millefiori, fuoriusciva una scia di profumo che s’insinuava nei vicoli intorno e, spandendosi nei bassi, consolava la povera gente per la quale quell’aroma paradisiaco testimoniava la presenza del Signore. Si vociferava ancora che le monache lavorassero la pasta in maniera alquanto insolita: quelle che disponevano di natiche e fianchi più floridi, si sedevano sopra l’impasto, disposto sui sedili di marmo del loro chiostro, dopo averlo ricoperto di teli di lino e di incerata, e mentre sussurravano le preghiere si muovevano permettendo alla pasta di crescere rigogliosa.

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