Nino Taranto compie cento anni. Nessuno ha dimenticato l’attore brillante, il comico garbato, l’interprete di tanti spettacoli di Viviani, il co-protagonista con Totò di vari film. Per ricordare il personaggio e l’uomo, al Maschio angioino è stata organizzata una mostra a cura di Giulio Baffi con la collaborazione della Fondazione Taranto, ricca di cimeli religiosamente custoditi dagli eredi. La mostra espone duecento foto, cinquanta pannelli con gigantografie, caricature, locandine, corrispondenza, una serie di costumi di scena, la paglietta a tre punte, duecento brani sonori ed un percorso video con frammenti di molti dei film interpretati da Taranto. Nino Taranto era un grande artista ed anche una persona amabile. Negli anni in cui l’ho conosciuto e frequentato, nel panorama dei grandi attori, non solo napoletani, era quasi un caso a sè. Viveva con la amata moglie e i tre figli Maria, Melina e Dino, in una casa di grande rappresentanza agli inizi di Parco Grifeo, una abitazione nella quale scorazzavano i tanti nipotini, con grandi terrazzi, un giardino pensile e perfino una cappella consacrata, dove ogni giorno poteva ascoltare la messa la devotissima madre. Quando nacque la mia prima figlia Eleonora, Nino Taranto venne a trovarmi in clinica. Conservo una sua bella immagine a colori mentre, sorridendo e guardandola, solleva il alto la bambina. Il 24 aprile 1980 lo intervistai per il Roma, perciò in omaggio a quello che ha rappresentato nel panorama nazionale dello spettacolo, poco dopo la consegna alla figlia Maria del Premio Nicolardi alla memoria, e per il mio ricordo personale, voglio ricordarlo. Figlio di un sarto e dotato di innato talento, scoperto e sorretto dal nonno materno, Nino Taranto debuttò in teatro all’età di tre anni come interprete di “ Fifirino” di Raffaele Viviani. “ O ricciulillo” come venne ben presto definito, non voleva studiare e, nonostante le proteste del padre, voleva recitare. Gli piaceva talmente cantare che già a sei sette anni comparve in diversi spettacoli, anche richiestissimo nelle periodiche. Raccontava che tutte le volte che veniva promosso era “pe’ simpatia”. Non a caso decise di coltivarsi e di studiare con il maestro Salvatore Capaldo, esercitandosi nei vocalizzi. A quattordici anni, e la didascalia della locandina relativa dello spettacolo aggiunge: “con il piccolo Taranto”, debuttò al Teatro Centrale. Da allora non si fermò mai. I successi lo segnano spalancandogli tutte le porte, prima del teatro, poi del cinema e della televisione. Per la sua formazione è decisivo l’ingresso nella Compagnia Cafiero-Fumo, dove viene apprezzato per le due doti di attore equilibrato e sobrio, dal fisico gradevole e la naturale simpatia. Emerge nel varietà, genere con il quale affronta una tournèe nell’America latina. Debutta a Roma nella sceneggiata affermando qualità drammatiche che, nel 1935, lo fanno scegliere da Ernesto Murolo quale protagonista al Teatro Fiorentini di “ Gente nostra”, “Lontananza “di Paola Riccora e con la maschera di Pulcinella “ Un’ora al San Carlino.
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