1/10 ottobre
Mostra Fotografica di Antonino Fiorentino ed Ernesto Gaudiello
Amare la terra significa essere poeti (anche senza manifestarla nelle forme tradizionali): la natura nella sua bellezza inebria e descriverla è come scrivere versi! E fotografarla? Significa fermare su pellicola questa poesia nella quale la bellezza del lavoro della terra si trasforma ed innamora. Questa è la conclusione cui si giunge ammirando le fotografie che Antonino Fiorentino e Ernesto Gaudiello presentano in occasione della 28° Sagra dell’Uva di Priora. Ci aiutano in un viaggio che, anche se poetico nella sua trasformazione fantasiosa, ci consente quel godimento dell’immaginario di quanto esiste dietro ogni foto, di ciò che nasconde la bellezza della natura, del valore del lavoro in campagna, del prodotto che dalla terra mediante l’impegno dell’uomo giunge sulla tavola, in casa o in enoteca. Chi visiterà questa mostra, forse, non avrà mai potuto visitare una casa in campagna, non avrà mai potuto godere la gioia di una vendemmia, non avrà mai potuto ammirare lo sforzo del contadino a macinare le ulive, non avrà mai potuto assaporare un chicco d’uva tolto dalla “pigna” ancora legato alla vite (magari ricevendo il rimprovero del contadino), non avrà mai potuto temere per l’equilibrio instabile del bracciante sui pali di castagno di un pergolato; forse avrà potuto godere della visione arcaica e poetica di un rudere rurale o di un uliveto con le reti pronte a raccogliere il frutto. Sono tutte sensazioni che i nostri due “artisti” fotografi – si, “artisti”, perché le foto esposte c’impongono questa definizione – ci regalano consentendo di entrare, attraverso l’obiettivo, nella vita agricola, nell’approfondimento dei numerosi aspetti dell’impegno dei vari operatori agricoli. Si sente quasi il profumo del pane prodotti nel forno “di campagna” dopo di aver lavorato la farina nell’antica madia; si apprendono i segreti della produzione del vino dalla raccolta dell’uva al trasporto a spalla (o “sulla testa”), dalla pigiatura, (tradizionalmente con i piedi) alla trasmissione nelle botti nel cellaio ed al travaso nelle darnigiane, all’ultima “strignetura” nel torchio, all’assaggio che preannunzia la soddisfazione del… buon bicchiere di vino, risultato ultimo di un’annata di lavoro e di ansie. Si approfondiscono i momenti di vita familiare rupestre: dall’attesa della moglie e madre per il ritorno degli “uomini”, riscaldandosi vicino al forno o lavorando all’uncinetto o “sgranando’ la spiga di granturco perché si possa macinarli onde preparare la “polenta”, ordinando i rami giovani di ulivo nella realizzazione delle ceste o caricando “a scuppetta” (fucile avancarica) per godersi la “passione” della caccia, mungendo il latte per l’alimento familiare o per realizzare quelle “trecce” (diverse da quelle commerciali perché “fatte in casa”). Si registra il contrasto fra la raccolta “moderna” delle ulive (con le reti) e la loro macina degli anni…. Venti (del secolo scorso) a mano! Questi attimi di lavoro e di vita familiare trovano degno ed opportuno corollario nella “poesia” di ruderi inseriti nel panorama della nostra penisola, di scene campestri ispiranti armonia panoramica e pace, di lavoro incastonato nel panorama e nella… profondità della natura. Questa mostra può sintetizzarsi nell’incontro di due arti, quella del contadino e quella del fotografo, entrambi producono il connubio della natura, il primo facendo motivo di lavoro e di vita, il secondo di passione e di trasmissione del suo messaggio: è la pace che da il lavoro ed è questo che garantisce la prima. Messaggio che, purtroppo, non sempre è recepito. Bisogna essere grati ad Antonino Fiorentino e Ernesto Gaudiello che offrono questa possibilità.