L’arte sacra di Silvio Piscedda
Con infinita pazienza infila negli esili colli delle bottiglie oggetti minuti e delicati: fiori, paglia e rametti dorati , pezzi di sughero e di stoffa, schegge di legno e carta colorata, figurine e minuscoli pastori per ordinare e comporre nell’esiguo spazio della bolla di vetro, spesso anche piccolissima, sfarzosi altari barocchi, scene sacre con crocifissioni e resurrezioni; velieri e presepi in miniatura. Silvio Piscedda si appresta a festeggiare il suo ottantottesimo compleanno nella sua casa di Marina del Cantone a Nerano dove è nato nel lontano 1920. Benché sia vissuto sempre a contatto col mare non è un pescatore ma è l’ultimo dei vecchi minatori della Baia di Ieranto. Suo padre Vincenzo nel 1912 giunse a Massalubrense, con la giovane sposa Luigia Pinna proveniente da Muravera, piccola cittadina mineraria della Sardegna. Responsabile degli esplosivi era addetto alle cariche nella cava aperta da pochi anni a ridosso di Punta della Campanella. Era appena adolescente, aveva sedici anni, quando Silvio seguì suo padre nel duro lavoro di minatore, obbligato a maneggiare gli enormi e pesanti blocchi di roccia per spingerli sui pontoni attraverso le tramogge sul bordo della costa. Ma Silvio, anche nell’aspetto, nulla mostra del rude minatore; forte e volitivo è tuttavia minuto e gentile. Attento e sensibile esprime, ancora giovinetto, la sua tendenza artistica come organista del parroco don Sebastiano Amura nella chiesa del paese. Le sue delicate miniature, in contrasto con l’oggetto del suo lavoro quotidiano, sono costruite – come ci suggerisce l’adagio popolare – con ‘pazienza certosina’. È proprio questa espressione, forse, la chiave di lettura della sua personalità, una personalità che ci spiega come talvolta la magia dei luoghi si trasmette e si insinua nell’animo umano e ci fa capire come il ‘genius loci’ di un posto possa incidere e avvolgere, in un unico contesto spirituale e materiale, uomini e cose. E’ solo un caso – potremmo chiederci – se la bella casetta dove vive questo artista delle cose semplici si trovi accanto alla Certosa che fu dei monaci di San Martino? nel giardino di ulivi e limoni dove in tempi lontani risuonarono i canti dei Certosini in preghiera? Oggi, quando l’antico “Meus Deus” delle orazioni dei monaci è stato sostituito dal “My God” delle meraviglie dei turisti, quanto di quelle mistiche atmosfere è sopravvissuto in questo luogo per entrare, con la stessa passione e religiosità, nelle bottiglie di Silvio Piscedda? Il vecchio minatore ci riceve fra le sue miniature e ce le mostra un po’ esitante, timido e modesto come quell’antico adolescente che oggi si cela nel suo corpo venerando ma ancora ritto malgrado le fatiche e si esprime attraverso i suoi occhi vivaci che hanno visto, per tanti anni, tutta la bellezza di questo luogo d’incanto e di mistero.