Raffaele Viviani, grande personaggio dell’arte napoletana, che ha saputo esprimere, in prosa ed in poesia ed anche in musica, l’animo della fantasia di un popolo che ha l’arte innata, non si sottrasse al fascino di Sorrrento. Le notizie che espongo sono frutto di una confidenza di Carmelo Sciplino, chansonnier, appassionato in questo tipo di ricerche (confermate dai testi del commediografo stabiese, nei quali mi ha spinto ad indagare). Viviani ha avuto vari rapporti con Sorrento e la penisola, comelo dimostrano una commedia, poesie e racconti di episodi particolari verificatisi durante la sua vita. Eppure gli approcci iniziali con Sorrento non erano stati fortunati. Ed è lo stesso artista a raccontarne un episodio, quando la sua vita, con la mamma, era vissuta fra stenti. Si doveva svolgere un matrimonio a Sorrento, fra la figlia di un fotografo locale ed il figlio di un armatore di Meta. Raffaele Viviani era stato “ingaggiato” per il festino matrimoniale, gli era stato dato anche un acconto di dieci lire sul compenso convenuto di trenta. Il matrimonio era fissato per una domenica in piena primavera, in coincidenza della festa del Santo Patrono della città (doveva trattarsi della festa di Sant’Antonino dei giardinieri, perché si era in una domenica primaverile). Gli era stato, anche, suggerito di partire da Napolicon il “vaporetto” delle tre del pomeriggio, dovendo offrire la sua prestazione per la sera.
Purtroppo dovette esserci una confusione. Quando il giorno convenuto egli giunse a Sorrento, sbarcò alla marina, chiese dove abitasse il “fotografo” e ne raggiunse l’abitazione, in un fabbricato al quinto piano, in pieno centro storico. Viviani, con la valigia con tutte gli attrezzi (cappelli bizzarri, carte da musica, nasi finti, baffi, il bastoncino ed altro) raggiunse la meta, bussò ed una vecchia, aprendogli ed apprendendo chi era, gli disse che la festa era il giorno precedente, che lo avevano atteso invano e che poteva andarsene. Per la verità la festa era stata programmata per il sabato e la domenica si sarebbe celebrato il matrimonio!
Al povero artista non restava altro che andar via! Purtroppo contava nel compenso della prestazione al matrimonio e quindi non trovò altra soluzione che avviarsi a piedi. Era la festa di Sant’Antonino – come ho detto – e la statua nella piazza principale della città, ai piedi della quale si sedette prima di iniziare…. la marcia, era illuminata. A mezzanotte l’artista giunse a Sant’Agnello, la valigia – racconta – si faceva, ad ogni passo, più pesante ed all’una giunse a Piano dove sostò un po’ per riposarsi, giungendo, poi, a Meta alle quattro. Il cuore si aprì alla speranza perché si ricordò che aveva un amico a Meta, ma non ebbe il coraggio di svegliarlo per farsi prestare del denaro per proseguire per Napoli, mediante il vaporetto. Pieno di speranza si avviò al porto ove giunse alle sei; era l’orario di attracco del vaporetto per Napoli! Giù alla marina di Meta Raffaele Viviani fu fortunato perché incontrò un ex amico, che era stato suo impresario nel passato, Antonino Porzio, il quale stava per imbarcarsi. A Meta non c’era una banchina valida per consentire l’attracco del piroscafo che i viaggiatori raggiungevano a mezzo di una barca che faceva lo spola (normalmente erano pochi i viaggiatori che imbarcavano a Meta). Il Porzio dopo di avere percorso la passerella scese nella barca e gli stese la mano per sollecitarne l’imbarco. Raffaele fu preso dal panico, perché, per dignità, non voleva rivelargli che non aveva denaro e si limitò a dirgli che non aveva, ancora, acquistato il biglietto, quando l’amico gli venne incontro affermando che egli aveva fatto due biglietti perché doveva imbarcare anche il fratello che, all’ultimo momento, aveva rinunziato a partire per Napoli. Svelò all’ex impresario la sua disavventura e con il vaporetto che, aveva fatto un’altra tappa a Vico Equense, giunse a Napoli e, raggiungendo la sua abitazione, grande fu la delusione della mamma quando apprese che……non aveva con sé il ricavato della…festa: In seguito Raffaele Viviani, allorché le sue capacità artistiche ebbero successo, spesso alloggiava al Tramontano ed, in uno di questi soggiorni, ebbe l’estro di scrivere una commedia – in un atto – dal titolo ‘A Marina ‘e Surriento, individuata come “testo inedito” (l’unico esemplare esiste nella biblioteca teatrale del Burlando). E’ composta in versi, prosa e musica! Fu rappresentata, per la prima volta al Teatro Umberto di Napoli il 23 Aprile 1919 e fu ripresa nel 1929 durante la tournée di Viviani in America Latina.Per la verità, secondo “Il Mattino” del 27 Marzo 1919 s’ipotizzò che i versi fossero stati scritti da Ferdinando Russo e del Viviani fossero la prosa e la musica. L’azione si svolge fra la marina del Tramontano e la Marina Grande, tratta della passione di Fatella per Carmine e finisce a tarallucci e vino! La predilezione di Raffaele Viviani per Sorrento è testimoniata anche da tre poesie, di cui una sulla Tarantella Sorrentina.
Nino Cuomo