Parlando di lui, Giorgio Napolitano, Presidente emerito della Repubblica italiana, lo definì immortale. Nell’immaginario di tutti noi così appare Gian Luigi Rondi, il riconosciuto maestro della critica cinematografica, l’inventore di tanti premi, il direttore degli “Incontri Internazionali del Cinema” di Sorrento, della Mostra del Cinema di Venezia, il Presidente dell’Ente David di Donatello, ancora oggi l’animatore e il sostenitore più acceso del Premio. E non finisce qui. Perché chi ama il cinema non può perdere i suoi ultimi due libri, entrambi editi da Edizionisabinae: “ Tutto il cinema in 100 ( e più) lettere e “ Le mie vite allo specchio- Diari 1947-1997”, che sarà presentato il 26 maggio a Roma, con Pupi Avati, Gianmarco e Maria Sole Tognazzi. Per questo e altro ancora, con quanti amano il cinema auguro lunga vita a Gian Luigi Rondi, gran sostenitore del cinema italiano.
Vuole raccontarmi la sua storia, che non tutti conoscono, perché riservato com’è non la racconta spesso?
Primogenito di un fratello, Brunello, sono nato a Sondrio, in Valtellina, dove mio padre, ufficiale del carabinieri, comandava quella tenenza. Ero un bambino studioso. Nei miei ricordi sono onnipresenti tre città: Tirano, dove sono rimasto fino a tre anni, Genova dove mio padre da capitano, andò a comandare la Compagnia interna dei carabinieri, nella quale sono rimasto fino alla IV Ginnasio, e poi Roma, dove sempre seguendo gli spostamenti di mio padre, ho continuato i miei studi.
Quali sono gli studi che ha fatto?
Dopo il liceo classico mi sono iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza e mi sono laureato.
In che modo è iniziata la sua storia professionale? Quali sono i ricordi, i legami, le scelte che poi l’hanno condotto a diventare critico cinematografico?
Collaboravo con Silvio D’Amico per il teatro. Finita la guerra lo seguii a “Il tempo”, per il quale lavoravo come critico drammatico. Ad un certo punto mi chiesero di lavorare con Luigi Chiarelli, l’autore de “La maschera e il volto” che era critico cinematografico.
Quando Chiarelli rinunciò all’incarico, mi chiese di sostituirlo. Cosa che feci. Ricorda un maestro, particolarmente significativo per la sua formazione?
Silvio D’Amico. Con il suo insegnamento mi fornì tutti i ferri del mestiere.
Che cosa è stato particolarmente difficile nel suo lavoro? Quali le difficoltà più insormontabili?
Tutto è sempre filato liscio, nonostante, con il passar degli anni, il poco tempo a disposizione.
Qual è il metro di giudizio che adotta per recensire un film e/o anche stabilire perché un film è valido?
Prima di tutto il gusto, poi la conoscenza approfondita del cinema che viene soltanto con l’esperienza. E anche la conoscenza di altre arti come la letteratura, la pittura, la musica, l’architettura…
Ricorda intuizioni che hanno segnato positivamente il suo ruolo di critico cinematografico?
Aver capito subito il Neorealismo, aver valutato nel suo giusto valore la “ commedia all’italiana” e poi il cinema civile degli anni sessanta – settanta.
Quali sono le sue predilezioni di spettatore? Quali i registi che ama di più?
In 60 anni di professione citare un solo film sarebbe riduttivo! Fra i film più amati: “ La grande illusione “ di Renoir, “Paisà “ di Rossellini, “ Umberto D.” di Vittorio De Sica, “ Fanny e Alexander” di Bergman, “ Ran” di Kurosawa, “ La notte di San Lorenzo” dei fratelli Taviani. Non ho predilezioni. Mi interessa, solo e sempre, il buon cinema e autori come Bergman, Kurosawa, Fellini…
Tutti le riconoscono un grande amore per il cinema…c’è una spiegazione ad una militanza che è soprattutto un grande legame?
Amo il cinema. Proporlo in occasioni istituzionali ha appagato il mio amore.
Ci sono cose o situazioni che considera insopportabili o inaccettabili?
I brutti film.
Ha un ricordo indimenticabile assolutamente speciale?
Gli incontri e l’amicizia con alcuni grandi del Cinema, a cominciare da Charlie Chaplin.
E’ o no ambizioso?
Se lo è , quanto l’ambizione la spinge verso gli obiettivi? Ho l’ambizione di realizzare i progetti che studio per servire il cinema
Dal 1981 è Presidente del Premio David di Donatello, che cosa rappresenta per lei ?
I Premi David di Donatello, oggi attribuiti dall’Accademia del Cinema Italiano, corrispondono allo scopo primario della mia vita, che è appunto quello di servire il cinema.
Vuole spiegarmi l’importanza del Premio, che ha superato il mezzo secolo?
Da cinquanta anni a questa parte siamo riusciti a diventare l’argomento che giova di più al prestigio del cinema italiano, perché una stagione dopo l’altra abbiamo premiato le migliori espressioni del cinema, mettendole in evidenza con delle belle serate. Con una doppia cadenza mediatica, prima con l’annuncio della cinquina e l’udienza del presidente della Repubblica e successivamente con la premiazione. Crediamo di essere davvero il punto di riferimento più importante per l’esaltazione di quanti fanno cinema. Sessanta anni fa sono stato anche tra i fondatori dei Nastri d’argento. Mentre i David sono l’espressione del parere di coloro che fanno cinema, i Nastri vengono assegnati da coloro che il cinema lo scrivono. Esattamente come avviene per il Golden Globe e gli Oscar.
Ci sono cose di cui è orgoglioso?
Quando riesco a realizzare i miei progetti in favore del cinema.
Il cinema è cambiato? Quanto e perché? Che cosa può dire del cinema italiano che è stato grandissimo?
Il cinema cambia come tutto attorno a noi. Il cinema italiano oggi non ha più i grandi autori di un tempo perché li abbiamo persi, ma si possono già riconoscere quelli che ne hanno raccolto il testimone. Sono certo che presto li eguaglieranno.
Quando nella sala buia vede un film e deve recensirlo, qual è il suo pensiero?
Quella di ricapitolare il film nella mia mente per poterne scrivere in modo adeguato.
Conta il giudizio tecnico o, come sostengono più critici per le opere d’arte, si abbandona all’emozione che un film le procura?
Il giudizio tecnico che, naturalmente, è per forza di cose un giudizio estetico. Mettendo al bando l’emozione. Un film non si giudica con la pancia ma con la mente
Se le chiedessi a bruciapelo che cos’è il cinema per lei?
Il mio mestiere.
E Sorrento e gli Incontri del cinema che portò avanti per anni?
Come dimenticare? Fu un periodo molto speciale.
Intervista di Giuliana Gargiulo, tratta da Surrentum di Giugno 2016