di Giuliana Gargiulo
Non è solo uno dei decani de “Il posto al sole”, l’ amata napoletana soap opera, che, ininterrottamente, da undici anni , con pubblico da estimatori, ha indici di ascolto da capogiro. E’ anche un attore di teatro, capace di trasmettere umanità e verità. Patrizio Rispo non ha mai dimenticato il lungo tirocinio in compagnia di attori di rango come Vittorio Caprioli e Valeria Moriconi tant’è che, sempre che può e con l’attento riscontro di pubblico e critica, ritorna in palcoscenico, come di recente con “Morte di Carnevale” di Viviani, con Dalia Frediani. Premiato per l’UNicef, con il Premio Nicolardi, che gli verrà consegnato in 6 giugno, affabile, irrequieto e con un profondo attaccamento al suo lavoro, Patrizio Rispo è un attore di tradizione che rispetta il teatro e i suoi codici. Non a caso, già due ore prima di uno spettacolo è in camerino, pronto a concentrarsi e truccarsi. Proprio come faceva Eduardo.
Vuole raccontarmi la sua storia partendo dal principio?
Sono nato a Napoli , in una numerosissima famiglia di professionisti , primo di quattro figli. Fin da bambino avevo un carattere schizofrenico, non a caso, già allora, mia madre pensava che fossi una bandiera al vento. Invece, già in nuce, ero un attore, curioso e assetato di ascoltare gli altri, affettuosamente considerato dalla molto amata nonna Scaturchio, alla quale mi legava una grande sintonia .Dotato di sicurezze che mia madre, persona solare, cercava di arginare. Sempre innamorato della gente con un’inclinazione autentica al mondo e alla vita.
Come, quando e perché la voglia di teatro entrò nelle sue scelte?
Credo che questa voglia io l’abbia avuta da sempre. Quando a cinque anni con i miei cugini recitavo le poesie, in occasione di festività e riunioni familiari, tutti piangevano. Già a quattordici anni e in seguito, sia a scuola dai Barnabiti che dai Bianchi, ero chiamato a recitare. Ho fatto trent’anni di teatro con le più riconosciute compagnie teatrali. Nelle cooperative recitavo Eduardo… Sono diventato attore professionista a diciotto anni e non mi sono mai lamentato, come tante volte fanno gli attori, anzi. Quando non ho recitato ho tamponato la mia voglia di spettacolo facendo altro. Sono stato antiquario, artista, commerciante e venditore, anche a Porta Portese, in fondo, davo fondo alla mia vocazione di attore
Nel corso di così molteplici esperienze ha avuto maestri che le hanno insegnato più di altri?
“Ho cercato sempre la figura del maestro che non ho mai avuto. Mi piacciono gli anziani e mi piacevano in modo speciale Vittorio Caprioli con il quale ho lavorato e Gassman. Li considero i miei maestri. Mi sarebbe piaciuto averli accanto! Credo di essere andato avanti abbastanza da solo: con l’esperienza e la grande tenacia
In qualche modo è stato aiutato dal talento?
“Non credo di aver avuto talento di attore, piuttosto avevo il carattere dell’attore e una attitudine spontanea e naturale a calarmi nei personaggi. E’ stato un mio codice interpretativo che con il tempo si è affermato in pieno. Non sono un attore di parola ma di situazioni. Divento assolutamente credibile. Perciò mi piacerebbe il cinema e lo amerei. Questa mio modo di essere mi impedisce di essere un gregario. E poi non ci sono dubbi: il lavoro dell’attore va fatto da protagonista”
Per arrivare al punto in cui è, ha vissuto il periodo della gavetta? E’ stata accettabile o faticosa, utile o inutile?
“Credo di aver fatto più provini di tutti i miei colleghi. Nella mia vita ho sperimentato di tutto. Sono andato via da Napoli anche perché ero sempre fuori parte: ero troppo giovane e avevo i capelli bianchi, ero gioioso e avevo la voce fonda! La gavetta è stata preziosa perché mi ha insegnato il mestiere.
Pagine: 1 2