Ha talento da vendere. Per una vocazione precoce ha cominciato prestissimo a disegnare e creare, per poi dare vita , con l’amato fratello Enzo, prematuramente scomparso, al suo “Atelier di costumi teatrali”. Giuseppe Tramontano, costumista, ha spaziato dalla danza alla fiction, dal teatro al cinema in un crescendo di creatività e di invenzione. Nipote di Giuseppe Sole, uno dei maestri intarsiatori, che hanno fatto grande l’artigianato sorrentino della tarsia, titolare dell’omonimo spazio dedicato ai costumi, non sta fermo un momento. Dal Premio Caruso al Concerto di Capodanno, trasmesso in Mondovisione dal Teatro La Fenice di Venezia,- entrambi prodotti da Vittoria Cappelli-, dagli spettacoli di Christian De Sica ai film di Massimo Boldi, per non citare le sue migliaia di creazioni aeree e policrome, destinate al mondo della danza in generale e del balletto classico in particolare, dalla amata Sorrento, che non ha mai voluto lasciare, ha raggiunto i set e i palcoscenici di Italia e del mondo. Alla sua sartoria, piena di bozzetti, manichini, foto e dediche, confinante con lo storico Sedil Dominova, in pieno decumano maggiore, alle spalle di Villa Gargiulo (1870) sul cui giardino si affaccia, pur spostandosi da Miami a Sofia, dal Cairo a Parigi, ritorna con il legame di sempre. Tra una prova e uno schizzo, il telefona che squilla e l’andirivieni di ballerine e coreografi, il costumista racconta qualcosa di sè e del suo lavoro.
Come è cominciata la tua storia? Quali sono i tuoi ricordi di infanzia?
Sono nato a Sorrento in una bella famiglia, secondogenito di Enzo, un fratello molto amato che purtroppo ho perso.. Fin da bambino ho sempre disegnato. Era per me un fatto assolutamente naturale, forse anche perché vedevo il nonno alle prese con fogli e matite. Ho sempre pensato che disegnare fosse una condizione normale. E’ difficile spiegare un dono…. Ho il ricordo di un’infanzia serena e tranquilla circondato da affetto e da amici.
Nella tua storia c’è un segno che spiega l’artisticità o anche la vocazione a disegnare e inventare?
Credo di aver ereditato dal nonno, maestro artigiano della tarsia, all’inizio del novecento, autore di opere rimaste insuperabili, una certa versatilità per il disegno e la creatività. Un segno che mi ha aperto una finestra sul mondo, che mi appartiene e mi ha dato la voglia di diventare un costumista, è stato il film “Romeo e Giulietta” di Zeffirelli, con i costumi di Danilo Donati, il costumista che prediligo. Ricordo che andai a vederlo con mamma e papà e rimasi folgorato dall’emozione. Tante cose sono iniziate in quel momento!
Che cos’è per te la creatività?
E’ una qualità, una dote, una caratteristica che… o si ha o non si ha! Innata…come il talento! Poi naturalmente può affinarsi e migliorare con lo studio, il mestiere, l’approfondimento, prerogative che aggiungono ma non sono l’arte.
Cinema, teatro o televisione? Quali sono le tue preferenze?
Più di ogni altra forma di spettacolo, mi piace il teatro, perché richiede la formazione più profonda e regala il contatto con
gli attori. Per un costumista sprona alla crescita e ad approfondire il ruolo, la cultura e l’epoca che lo caratterizza. Sono tanti gli aspetti affascinanti dello spettacolo teatrale: la continuità delle prove, la magia di una prima, l’applauso, il consenso del pubblico…. Al contrario, nel cinema e nella televisione, specialmente per chi inventa i costumi, tutto si consuma più in fretta, ogni cosa viene affrontata e risolta in poco tempo…Ho cominciato lavorando per il teatro, è rimasto
dentro di me come il primo amore.
Se ripensi al passato, al tuo lungo percorso, chi ti ha insegnato di più?
Tutte le persone incontrate, nel corso della vita sia personale che professionale, mi hanno insegnato qualcosa. Nel settore del costume, tanti mi hanno trasmesso il significato del lavoro. Registi come Zeffirelli, Dino Risi, Lizzani, Elvio Porta, autentici maestri che conoscevano il lavoro e che mi hanno dato tanto e mi hanno fatto capire gli aspetti molteplici e complessi del lavoro che include la lettura di un copione, l’ idea di un costume o anche dare un colore a quanto si legge su un copione.
Come è nata la tua sartoria, un’azienda vivace e creativa, con tanti collaboratori che, con tuo nipote Cristian, affiancano le presenze storiche di Anna, Luisa senior, Maria Grazia, Luisa, Antonio, Antonella,
Maria?
Il primo a credere in me è stato mio fratello Enzo, poi il lavoro è andato avanti con il sacrificio, la tenacia, l’impegno. Niente cade dal cielo! Per fortuna sono testardo e non mi arrendo facilmente
Che cosa stai facendo attualmente?
Sto per iniziare il prossimo film con Massimo Boldi e la regia di Claudio Risi mentre sta per iniziare il “ Commissario Zagaria” con Lino Banfi, che ho fatto per Mediaset, una miniserie in due puntate della quale stiamo già preparando il seguito. Inoltre, come ogni anno, sto preparando i costumi per il “Premio Caruso” trasmesso su Rai uno, prodotto da Vittoria Cappelli, mia grande amica con la quale collaboro da anni.
In centinaia di bozzetti, che mensilmente produci, quali sono i colori più amati o quelli della tua tavolozza cromatica che usi di più?
Personalmente, se non nella vita e cioè per il mio abbigliamento usuale, non ho colori prediletti. Uso tutti i colori, secondo le epoche, le situazioni sceniche e le emozioni che voglio imprimere ad un personaggio. Amo i colori che richiamano il cielo, la terra, il mare, il fuoco… Il mio lavoro parte da un foglio bianco, al quale, con i colori, devo dar vita…
Quali sono i valori in cui credi?
Credo molto nell’amicizia e soffro molto se vengo ferito o deluso.
Mi vuoi dire un tuo obiettivo?
Fare sempre di più… cose interessanti, creative e stimolanti.
Un sogno qual è?
Arrivare ad Hollywood per l’Oscar!!! In modo più concreto, il sogno più grande è disegnare e realizzare nella mia sartoria tutti i costumi per un grande balletto del repertorio classico. Che cos’è Sorrento per te ? La mia vita, il mio cuore.
intervista di Giuliana Gargiulo