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      Informazione turistica
      Aut. Trib. NA n.3104 del 15.04.1982

      Editrice Surrentum
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      Direttore Responsabile:
      Antonino Siniscalchi

      Redazione:
      Luisa Fiorentino
      Mariano Russo

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Vincenzo Salemme

Ad un certo punto la svolta. Dopo anni di teatro fatto da attore, soprattutto nelle compagnie di Eduardo e Luca de Filippo, Vincenzo Salemme si è messo a scrivere, diventando in pochi anni uno degli autori/attori più amati del teatro italiano.Una trentina di commedie, alcune pubblicate da Sellerio, quasi tutte rappresentate con grande successo di pubblico e critica. In aggiunta è arrivato il cinema con tanti film girati sul filo dell’ironia e del divertimento, che hanno conquistato spettatori di tutte le età. Affettuoso come pochi, allegro con un velo di malinconia, gli occhi languidi e il sorriso dolce, più vivace e creativo che mai, sciogliendo qualcuno dei suoi nodi, racconta di tappe che, per un verso e per l’altro, lo riconducono sempre e soltanto al teatro.

Quali sono i ricordi della tua infanzia? Che bambino eri?

Fino a sei/sette anni solitario e indipendente tant’è che, secondo di quattro fratelli, e sorelle, ero l’unico ad andare da solo quotidianamente al Cinema Sibilla, di proprietà di un mio zio. Ricordo la protezione/predilezione di mia madre che, energica e autoritaria con gli altri, era incredibilmente arrendevole con me. L’adolescenza, al contrario, è stata segnata da paure e introversioni, scomparse soltanto qualche anno fa. Forse avrei voluto dimostrare agli altri qualcosa…Le conferme che cercavo le ho trovate soltanto con il teatro. Una sensazione stranissima che sto provando da qualche anno…. sono ritornato a sentirmi il bambino che, nella solitudine, ritrovava il suo universo!

A che età ti è venuta la voglia di diventare attore?

Fin dagli anni dell’infanzia e dell’adolescenza a Bacoli, non facevo che pensarci. Avrei addirittura voluto mettere in scena un testo di Plauto con la mia regia. Mi piaceva inventare il gioco. A diciannove anni avevo già deciso che avrei fatto teatro.

Come e quando è avvenuto il tuo debutto? Che cosa ricordi di quel momento?

In occasione di una rappresentazione amatoriale di “Napoli milionaria” al Liceo Umberto, venne a darci una mano Sergio Solli. Dopo un breve passaggio con Tato Russo, nel 1977 arrivai da Eduardo, che stava registrando in televisione “ Quei figuri di tanti anni fa”. Avrei dovuto fare la comparsa ma Eduardo per farmi avere la paga mi affidò un’unica battuta. Dovevo dire: ” Cinque lire”, che anche secondo Pupella Maggio, dissi benissimo. Forse lo pensò anche Eduardo che volle tenermi con se, per tutto il ciclo delle commedie in televisione. Rimasi nella sua compagnia fino al 1979, anno del suo ritiro dalle scene. Nel 1981 entrai in compagnia con Luca De Filippo, con il quale ho lavorato fino al 1992.

Quasi a sorpresa hai cominciato a recitare alcune tue commedie sempre più belle, articolate, divertenti…. Quando hai cominciato a scrivere di teatro?

Nel 1992 ho fondato con mia moglie Valeria la Compagnia ” Chi è di scena”, che da allora sigla tutti i miei lavori. Ho fatto sacrifici enormi, al punto che per “La gente vuole ridere”, la mia prima commedia, dovemmo fare un mutuo e impegnare la casa! Il gioco era riuscito perché approdammo al Teatro Eliseo , dove rimanemmo tre mesi !

A che età hai cominciato a scrivere tuoi testi?

Già a diciassette anni avevo scritto le prime cose…una parodia di” Cappuccetto rosso”. A venti un irrapresentabile lavoro che però conteneva tutto quello che avrei scritto in seguito.

Da che cosa prendi spunto per i tuoi lavori?

Non dalla fantasia, che credo non esista, ma dalla realtà che guardo con attenzione. Ogni commedia parte da un’idea che ha un personaggio centrale, intorno al quale ruotano le situazioni. Sono velocissimo a scrivere una storia, anche se spesso arricchisco i testi nel corso delle prove.

Ci sono autori o miti o modelli che hanno influito sulla tua maniera di essere?

Da ragazzo Eduardo, in seguito ho imparato molto da Totò e Peppino de Filippo, che mi piacevano molto per l’ ingenuità con la quale rappresentavano la vita disperatamente comica, e il cinema americano per il gusto della sorpresa. In fondo è il meccanismo di “arrivano i nostri” che scatena il sogno…

Ci sono persone che hanno creduto in te prima del grande successo?

Si contano. Devo molto a Battista del Teatro Eliseo ed a Ivo Chiesa. Valeria è stata un grande sostegno, non mi ha mai fatto sentire solo qualunque cosa volessi fare…Eduardo, che mi diceva che ero bravo. Vedendomi scrivere si complimentò per la mia grafia aggiungendo:” Un giorno scriverete copioni”. Presi il complimento per un augurio …Eccomi qua!

Autore, regista, attore che cosa preferisci fare?

Direi che è un tutt’uno, anche se in alcuni periodi mi piace più essere attore e in altri preferisco fare il regista… però scrivere mi ha molto aiutato.

Perché in Italia ci sono così pochi autori di teatro?

Forse perché è un mestiere oscuro, poco riconosciuto, ignorato dalla critica, dalla televisione…

Se ne hai quali sono le tue paure?

Ho sempre paura. Non sopporto il disagio, la violenza, l’imbarazzo… Ci sono situazioni che mi bloccano totalmente. Al contrario non ho mai paura del lavoro..

Le tue commedie hanno momenti in cui ogni cosa sembra imprendibile…. Che cos’è secondo te la leggerezza?

E’ una condizione che sento ad orecchio. E’ anche una manifestazione dell’intelligenza e della ragione. La leggerezza non prevede falsi sentimentalismi, né dipende dal sentimento… …Preferisco raccontarla con la sorpresa di un arrivo in scena imprevisto o di una situazione inattesa.

E la coerenza esiste nel tuo lavoro?

La trovo orrenda, nazista se fanatica e cieca. La coerenza morale invece è tutt’altra cosa.

Quale ritieni sia il posto che il cinema occupa nel tuo lavoro?

E’ il divertimento, l’immaginazione. Il cinema fa sognare, fa credere a chiunque di poter diventare un eroe!

Vuoi definirmi il teatro: che cosa rappresenta per te?

La mia serenità o anche la condizione che mi spinge a crescere. Ogni giorno penso di ricominciare daccapo.

intervista di Giuliana Gargiulo, foto di Marinetta Saglio


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