di Giuliana Gargiulo
Artisticamente parlando è un monumento. Non solo per aver niziato la sua carriera cinematografica nel più significativo dei modi, accanto a Totò, “il più grande dei grandi” ma soprattutto per aver diversificato i generi. Con talento riconosciuto quanto bizzarro, la personalità composita, sfociata anche nella scultura, scrittura, teatro, radio, televisione e così via, Carlo Croccolo non smentisce la sua indole e, sottolineando rabbie mai sopite, alimentate dalla vivacità dell’intelligenza e dell’appartenenza al suo lavoro, si accende e racconta. Con non poche amarezze cita la soddisfazione per la stima e il sentimento per la moglie, Daniela Cianciotti, che lo ha diretto ne “La mappata”, spettacolo celebrativo dei suoi poliedrici e recenti ottanta anni. Pronto a raccogliere ancora successo con la continuazione della fiction “Capri”, condivisa con Isa Danieli e attori bravi e versatili come Sergio Assisi e Gabriella Pession, Carlo Croccolo racconta.
Vuole raccontarmi la sua storia cominciando dal principio? Quali sono i suoi ricordi di infanzia?
Sono nato a Napoli, primogenito di un fratello, in una famiglia contrassegnata da una grande mamma, che, anche ora che non c’è più, resta la presenza più importante della mia vita. Separata da suo marito, mamma insegnava storia e filosofia con una dedizione che mi ha sempre rivolto insegnandomi a spaziare nella cultura. Ho vissuto un’infanzia faticosa . Ero la disperazione di mia madre, un ribelle perennemente animato dalla rabbia. Le pensavo tutte, perfino di non distribuire i confetti della prima comunione per tenerli per me.
Andando avanti negli anni che studi ha fatto?
Sarei dovuto diventare un medico, non a caso mi iscrissi a Medicina, interno all’Istituto di Anatomia, con il professore Albertini che mi stimava e mi adorava. Non mi trovai bene invece con il professore Califano che, sapendo della mia passione per spettacoli e interpretazioni, mi stuzzicava dicendomi di…fare l’attore! Avrei dovuto fare la tesi sul problema delle soglie nervose, argomento allora assolutamente futurista, quindi non accettato dai baroni della medicina, ma non finanziato per le ricerche dall’IFI e anche ostacolato, fui mandato a fare …in culo!
Come quando e perché la voglia di fare spettacolo diventò una scelta di vita e di lavoro?
Avevo bisogno di soldi. Cominciai a lavorare alla Radio, aiutato da Luigi Compagnone ed partecipare a spettacoli universitari, con il senso della provocazione.
Chi le ha insegnato di più? Ricorda maestri particolarmente significativi?
Mia madre. Poi gli altri, non che mi abbiano insegnato, perché sono stato io che ho rubato loro… Questo non vuol dire, che tanti non possano avere intuizioni che io non ho auto! Però…ho imparato con lo studio e con la rabbia
Come andò che il mondo dello spettacolo diventò la sua vocazione assoluta?
Lasciai Napoli per seguire una ragazza che era il mio primo grande amore. Ho fatto tutto quello che ho voluto, perché ero forte ma anche perchè non ho mai dimenticato la rabbia per tante cose che ho dovuto incassare.
Come è successo che il cinema è sia diventato di così notevole importanza nella sua vita?
Avevo diciotto anni quando Nino Meloni mi volle scritturare nel Teatro stabile della Rai. Quando andai a Roma con la ragazza spendendo tutti i soldi che mi aveva dato mia madre, incontrai Barbarisi che mi fece partecipare allo spettacolo “Cinquant’anni fa” con Renato Turi. In seguito ad una serata di Miss Italia, mi presentai vestito in modo adeguato facendo credere fossi il Marchese di Buontempone… per giustificare l’abito e il modo di parlare. Rimasero tutti talmente colpiti della stravaganza e della metamorfosi che… cominciai a fare teatro. Dopo essere tornato a Napoli dove fui cacciato dalla Rai, Zoe Incrocci mi raccomandò a suo fratello Agenore della coppia Age- Scarpelli .Dopo un provino con Mario Mattoli , fui presentato a Totò. Girai un film con Walter Chiari, poi “I cadetti di Guascogna” e poi tanti con Totò “Totòtarzan, Totò sceicco e 47 morto che parla…
Qual è il suo ricordo di Totò?
Era un uomo artisticamente generosissimo che schifava i cattivi attori e i dilettanti. Era molto riservato e mi voleva bene come un figlio. Anche se mi strillava seguiva quello che facevo… Quando, vivace come sempre sono stato, mi mettevo soluzione che rinchiudermi da qualche parte.
Ribelle nonostante tutto?
Non ho mai avuto padrini né padroni, sono stato sempre libero di fare quello che ho voluto. Non mi ha calpestato nessuno. Sono ebreo ma nemmeno i tedeschi sono riusciti a prendermi, perché, fingendo di avere la scabbia, li feci scappare. Per
non essere un…leccaculo ho perso tante occasioni. Anche “Giorni d’amore”, il film che poi fu interpretato da Mastroianni- Vlady, era stato proposto a me e Maria Pia Casilio.
Rimpiange le occasioni perdute?
Non le rimpiango… forse ma ricordo Federico Fellini che veniva a casa mia e che io lasciavo per andarmene in giro con l’aereo di cui avevo il brevetto. Avrei dovuto fare “Lo sceicco bianco” con Alberto Sordi. Ma Fellini si stancò e quando il mio maggiordomo Giovanni gli disse che me ne ero andato in aereo disse:” Non ha perso l’aereo ma ha perso con me il treno più importante della sua vita”.
Paure non ne ha mai avute?
Non conosco la paura.
Che cos’è il coraggio per lei?
Nel mio caso è incoscienza. Nel 1956 sono stato messo in galera per uso e spaccio di stupefacenti, mai usati né contrabbandati. Mi hanno liberato dopo cinque mesi per non aver commesso il fatto. Senza né scuse né altro. Stufato da tutto e da tutti me ne sono andato a vivere in Canada dovesono stato per dieci anni.
La sua forza qual è?
Sempre disperato… è la mia rabbia che mi spinge a non accettare talune cose. Non accetto e mi incazzo! Non credo né a giornali né a telegiornali. L’Italia è come la Sardegna: ci sono le pecore ed il pecorino!
Come si definisce?
Mi sento un talento in tutto. Anche quando mi occupavo di scultura ero il più bravo.
La qualità cos’è per lei?
E’ la professionalità. Fare le cose come vanno fatte. In genere odio le cose che faccio. Il vero amore è fatto di sacrificio e di dedizione, condizioni diverse da amore e basta.
Che cosa le piace di più?
Il cinema molto più del teatro perché checché ne dicano i miei colleghi acculturati il teatro rende schiavi del pubblico e dell’applauso. Il cinema è più libero e rivolto ad un pubblico maggiore
Un sentimento forte?
Per mia moglie Daniela, che ho incontrato quando aveva venticinque anni ed io sessanta. Da venti anni siamo marito e moglie. Le voglio bene e la stimo. Ho capito la sua importanza per lo spettacolo dei miei ottanta anni. Non volevo uno spettacolo così ampio. Ho capito che averla incontrata è stata la mia fortuna
Che sta per fare?
Sto tornando a girare per la televisione“Capri”con Isa Danieli e intanto mi propongono l’ennesima Miseria e nobiltà!
Si sente misconosciuto nella sua città?
Sono volutamente ignorato, non dal pubblico che, nonostante i difetti mi adora, ma dagli addetti ai lavori. Quando mi dicono bravo sono terrorizzato, vuol dire che per tre anni resterò senzalavoro. Mi sento abbandonato e insoddisfatto. La mia visione è pessimista.
In tante asprezze una dote se la riconosce?
Quella di avere un intestino che assimila e digerisce anche i veleni. Per questo cerebralmente mi è servita anche la galera. Niente mi ha distrutto e demoralizzato. Tutto è importante!
Una speranza almeno ce l’ha?
La convinzione che quando si arriverà all’esasperazione, le pecore reagiranno e avverrà un cambiamento. E’ la verità.