Maggio è il mese che inizia con la lettera “ M” e si ricollega nelle ricorrenze religiose alla Santa Vergine, che diventa occasione di culto e devozione sin dall’800 dapprima nel privato, nelle famiglie, poi nel comunitario con i canti mariani e il rosario recitato in chiesa ogni sera. Nella nostra penisola questa tradizione era molto diffusa e ancora delle nonnine si ricordano di quando si riunivano, come mi raccontò Matia Pollio, nella sala da pranzo con intorno una vera nidiata di dodici nipoti e ben dieci pronipoti. Una vita semplice, un matrimonio felice e ricordi tanti, indelebile quello di quando nella cappellina in via Cristoforo Colombo a Meta si univa alle “vecchierelle che dicevano il Rosario alla Madonnadel Lauro.” Lodate e ringraziate, la Madonna incoronata, Venimmo a salutare la Madonna e la gloriosa Vergine Maria, d’o Paraviso siete la colonna e dell’eternità la regina, sotto lu mantu vuosto me cummoglio, lloco è la fede e la speranza, aiutateci Maria, ca Vuie putite, nell’abbisogno a me m’assuccurite”. Questa litania si recitava al posto del Pater Noster e del Gloria Patris e per ogni corallo di rosario si cantava:” Maria spanne lu manto e cummoglia a tutte quante, sempre laudato sia Maria. Quanta grazie nuie vulimmo, prega la Vergine che l’avimmo e l’avimmo a tutte ll’ore, quaesta bella gran Signora”. Maria mi confessò che anche la sera , quando andava a letto, diceva questo rosario e mi accenna la melodia che accompagnava i santi misteri e mi recita anche il Rosario del Bambinello e quello dell’Assunta che suo nonno, dopo aver raccolto le palline verdi cadute dall’albero di arancio, ne disponeva dieci in fila sul muretto della “ loggia e per ognuna ripeteva cento volte insieme ai nipotini: “ Demonio vattenne, và, cu mmico nnun’ haie che fa, ‘o juorno de la Vergine Maria me faccio ciento croci e me dico ciento Ave Maria”. Il rosario cantato ha una grande diffusione ancora oggi specie in Calabria, in Sardegna , dove gli uomini si alternano alle donne in questo canto” coggius” che ne evoca i misteri. A Primario nel Trentino i Boschieri in origine cantavano dai boschi tale preghiera a Maria con tale potenza che i boscaioli del versante opposto rispondevano alle battute. Alla sera o la domenica pomeriggio, le loro squadre, che alloggiavano in precarie baracche di corteccia, si disponevano in due gruppi, talvolta uno al coperto e uno fuori, e intonavano le Ave Marie in latino. Al suono di accette o segoni, grida di avvertimento e tonfi durante il giorno, si sostituiva questa cantilena altrettanto altisonante allo spuntare delle stelle. Probabilmente pochi o nessuno tra i boscaioli conosceva le esatte parole latine, ma la certezza di pregare, anche se proferendo qualche strafalcione in buona fede, era cristallina. Pare non venisse cantato il “Pater noster”. In un mio viaggio in Germania ho assistito ad una funzione religiosa negli alpeggi di Schafejaz, Blatte, Bitz, Pile, Stigu ( in comune di Alagna) che si snoda in un solenne corteo lungo i pascoli, le malghe, i boschi. Il cammino è interrotto da soste in cui vengono recitate preghiere e cantato il rosario alla Madonna. A proposito dei boscaioli si dice che questa usanza del rosario cantato in un lontano passato era praticata dai boscaioli del Monte Faito perché la Vergine li proteggesse durante il loro duro lavoro, donasse protezione e fugasse preoccupazioni. Dovremmo ricordarci tutti che la devozione a Maria in questo mese di maggio non deve limitarsi a un puro sentimento o a mere emozioni: deve tradursi in preghiera. Giovanni Paolo II ha detto che ” Maria è colei che ci guida alla traversata della nostra vita e il rosario è la preghiera più semplice e più efficace a cui far ricorso nei momenti più difficili del nostro pellegrinaggio sulla terra. Occorre non disperdere questa preziosa eredità. Bisogna tornare a pregare in famiglia e pregare per le famiglie, utilizzando ancora questa forma di devozione La famiglia che prega unita, resta unita e il rosario dovrebbe essere l’atto più “prezioso e solenne”.